Commemorazione di Cino Macrelli/Il discorso di Francesco Nucara a Sarsina Un grande politico della generosa Romagna di Francesco Nucara Qualche tempo fa, esattamente il 10 dicembre 2004, si tenne un convegno sui costituenti repubblicani romagnoli. Come tutti sappiamo erano Aldo Spallicci e Cino Macrelli. Qui ricordiamo Cino Macrelli non solo come deputato repubblicano alla Costituente ma anche come uomo politico della generosa terra di Romagna. Cino Macrelli non ebbe mai i tentennamenti che altri suoi colleghi e amici ebbero nel corso degli eventi politici più o meno sventurati che attraversarono il nostro paese. La sua sodale amicizia con Ubaldo Comandini venne meno quando quest'ultimo decise di costituire una federazione repubblicana autonoma della Romagna e delle Marche per un atteggiamento più morbido verso il fascismo, meno conflittuale e meno rigido rispetto alla posizione del Partito Repubblicano Italiano. E la stessa cosa avvenne agli inizi degli anni '60 quando Aldo Spallicci decise di seguire Randolfo Pacciardi sulla via della scissione. Ma Cino Macrelli era un repubblicano generoso e come tutti i repubblicani di siffatta natura non serbava rancori personali. Infatti commemorando alla Camera il 13 giugno 1955 alcuni deputati, tra cui Comandini, ebbe a dire tra l'altro: "Questo nome certo non è ignoto a molti di voi. Figlio dell'ardente Romagna egli si mantenne fedele alla tradizione garibaldina e mazziniana della sua famiglia: uomo che portò ovunque il fervore della sua anima, la luce delle sue parole, specialmente in mezzo agli operai, alle classi degli umili e dei diseredati". Macrelli aveva dimenticato l'affronto di trenta anni prima e dava un giudizio sul repubblicanesimo di Comandini più che sulle sue scelte sbagliate. Oggi forse di questi insegnamenti avremmo bisogno più che mai. L'attività legislativa di Macrelli fu intensa almeno quanto la sua attività di deputato "costituente". Fu un deputato poliedrico che affrontò temi importanti con le sue iniziative parlamentari, ma anche temi che, se pur non di rilevanza nazionale, toccarono il cuore delle popolazioni locali assillate da problemi di sopravvivenza. Infatti le sue iniziative coprirono un segmento che va dalla "Estensione della riforma agraria all'intero territorio nazionale" (1957), alla "Assicurazione sociale delle donne casalinghe" (1955), a "limiti di retribuzione per i dipendenti degli Enti Locali" (1957), e di seguito i problemi cosiddetti minori: "Istituzione del Tribunale di Cesena" (1961) e il "Completamento del Palazzo di Giustizia di Forlì". Un'attività vasta che si completa con un'altra miriade di leggi di cui è confirmatario, con interrogazioni parlamentari, mozioni, interventi in aula. Tutto conseguito con lo stile di un repubblicano mazziniano che aveva dedicato gran parte della sua vita alla lotta politica rinunciando persino a farsi una famiglia anche se aveva con sé un figlio d'arte: Mario Guidazzi, al quale i fascisti avevano assassinato il padre. Tuttavia uno dei discorsi più belli e anche di sconvolgente attualità fu quello che Cino Macrelli tenne all'Assemblea Costituente il 4 giugno del '47. Egli in quel discorso, che riguardava il regionalismo, non toccò l'argomento con la semplice lettura dell'autonomia locale ma diede alla costituzione delle Regioni un valore ben più ampio: autonomia come presidio di libertà. Infatti egli affermava: "In favore delle regioni non militano soltanto quelle ragioni di ordine storico, democratico, sociale, economico di cui hanno parlato molti dei nostri colleghi… noi siamo contro lo Stato accentratore: noi siamo per la libertà, per le autonomie locali". Tante erano le ragioni per le autonomie locali, ma a Macrelli premeva sottolineare: "Se in un certo momento dovesse balzare alla ribalta della storia qualcuno per imporre ancora una volta la legge della violenza e ricacciare nel buio di un passato di umiliazione la nostra vita, le Regioni saprebbero difendere la loro libertà e le libertà della Patria". Cino Macrelli nacque qui, a Sarsina, nel 1887; si laureò in giurisprudenza e, giornalista, si legò ai repubblicani forlivesi e cesenati e in particolare a Ubaldo Comandini e Giuseppe Gaudenzi. Volontario nella Grande Guerra, venne fatto prigioniero e rinchiuso in un campo di concentramento. Al fronte perse il fratello Edgardo. Quanti lutti in questa famiglia nella lotta per la democrazia. Dopo la Grande Guerra torna a Cesena e organizza il Partito Repubblicano di cui diventa deputato nel 1921. Noi vediamo in Macrelli il fascino battagliero di Pacciardi; ritornando a Comandini, in un discorso a Cesena del 1962, affermava che non aveva esitato a mettersi contro amici che stimava ed amava, ma aveva voluto essere testimone di verità. "Credendo con coraggio e decisione alla tesi, che giudicavo più conforme alla dottrina, alla tradizione del Partito, agli interessi del Paese". Ovviamente Macrelli pagò di persona questa sua intransigenza antifascista, che non era la stessa di Comandini di Cesena o di Guido Marinelli. Nel XV Congresso Nazionale (17-18 dicembre 1922) Macrelli e Gaudenzi si adoperarono in una impossibile opera di mediazione, con gli antifascisti "morbidi". Macrelli, che aveva sostenuto la Federazione dei braccianti guidata dal repubblicano Mario Razzini, anche a nome del Pri, nel suo discorso congressuale, "invitò" a tenere presente la storia recente delle lotte sanguinose tra socialisti e repubblicani e dipinse un quadro drammatico della situazione in Romagna dove "i lavoratori non iscritti ai sindacati fascisti erano ridotti alla fame". Egli affermava: "Non potete dimenticare la lotta trentennale contro i socialisti che abbiamo ancora contro sotto la veste fascista". Per il Segretario del Partito Repubblicano Italiano come per tutti i repubblicani, giovani e meno giovani, vale il ricordo che Oronzo Reale scrisse per la "Voce Repubblicana" alla sua morte: "La figura di Cino emerge col valore di un simbolo: simbolo della fiducia nel Partito e della fraternità repubblicana che non debbono né possono attenuarsi né per dissensi né per delusioni né per rancori, quando la dedizione all'ideale repubblicano è vera e disinteressata come era in Macrelli. Ecco l'uomo, il forte combattente, l'affettuoso amico che noi perdiamo. Le genti di Romagna perdono, in più, un difensore solerte dei loro interessi, un innamorato della sua terra, alla quale voleva assicurare ogni bene della civiltà, della quale voleva salvare ed esaltare ogni originale valore. Stasera in ognuno dei cento e cento circoli repubblicani di Romagna, sedi delle ore di onesta letizia dei lavoratori che credono nel messaggio liberatore di Giuseppe Mazzini, certo si parla soltanto di Cino Macrelli. La voce bassa e arrochita dal pianto degli uomini e delle donne che lo videro per decenni in mezzo a loro e che sapevano sempre dove trovarlo nei momenti di difficoltà, rievoca nel dialetto che gli fu consueto negli incontri della sua terra infiniti episodi al centro dei quali è Cino. Egli fa parte della vita di quei lavoratori repubblicani e il suo ricordo resterà nella loro vita come quelli più cari delle loro famiglie. Che Cino resti con tutti noi; che nel momento del distacco mortale resti nel nostro animo la sicurezza di poterci ancora rivolgere a Lui, al suo ricordo, al suo esempio". |